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20 giugno 1992, trenta giorni dopo Capaci e un mese prima di via D’Amelio, l’ultima intervista al giudice Paolo Borsellino: “Convinciamoci che siamo dei cadaveri che camminano”.
Il 20 giugno 1992, trenta giorni dopo la strage di Capaci, e circa un mese prima dell’ autobomba di via D’Amelio, Lamberto Sposini realizzò quella che sarebbe rimasta l’ultima intervista televisiva al giudice Paolo Borsellino.
Borsellino aveva parlato della sua condizione di “condannato a morte”. Sapeva di essere nel mirino di Cosa Nostra e sapeva che difficilmente la mafia si lascia scappare le sue vittime designate.
Aveva parlato di Giovanni Falcone e della loro storica amicizia iniziata da bambini quando vivevano a pochi metri di distanza a Palermo, ai primi anni di scuola, la stessa ma in classi differenti poiché Falcone era più grande di un anno.
Sicuramente singolare il passaggio dove ricorda il periodo nell’estate 1985 dove, per “ragioni di sicurezza”, furono trasferiti nella foresteria del carcere dell’Asinara per scrivere l’ordinanza-sentenza di 8000 pagine che rinviava a giudizio 476 indagati in base alle indagini del pool.
Per tale periodo, il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria italiana richiese poi ai due magistrati un rimborso spese e il pagamento del vitto e alloggio per il soggiorno trascorso.
Si percepisce in più punti il dispiace che provava per le conseguenze indirette che il suo lavoro porta alla sua famiglia.
Ma colpiscono soprattutto le due ultime risposte di Borsellino…
Sposini – Dopo la morte di Falcone come è cambiata la vita di Borsellino?
Borsellino – (lungo sospiro) La mia vita è cambiata innanzitutto perché… dalla morte… di questo mio vecchio amico e compagno di lavoro è chiaro che io sono rimasto particolarmente scosso e sono ancora impegnato, ad un mese di distanza, a recuperare e, vorrei dire, tutte le mie possibilità operative sulle quali il dolore ha inciso in modo enorme.
E’ cambiata anche perché sia per la morte di Falcone, sia per taluni altri fatti, mi riferisco alle dichiarazioni ormai pubbliche di quel collaboratore che ha parlato e ha detto di essere stato incaricato di uccidermi e la notizia è arrivata alla stampa in concomitanza con la notizia della strage di Capaci.
Le mie condizioni…, sono state estremamente appesantite le misure di protezione nei miei confronti e nei confronti dei miei familiari. E’ chiaro che in questo momento io ho visto completamente, quasi del tutto, anzi, vorrei dire del tutto, pressoché abolita la mia vita privata.
Ho temuto nell’immediatezza della morte di Falcone una drastica perdita di entusiasmo nel lavoro che faccio. Fortunatamente, se non dico di averlo ritrovato, ho almeno ritrovato la rabbia per continuarlo a fare.
Sposini – Posso chiederle se lei si sente un sopravvissuto?
Borsellino – Guardi, io ricordo ciò che mi disse Ninnì Cassarà allorché ci stavamo recando assieme sul luogo dove era stato ucciso il dottor Montana alla fine del luglio del 1985, credo.
Mi disse: “Convinciamoci che siamo dei cadaveri che camminano”.
La… l’espressione di Ninnì Cassarà io potrei anche ripeterla ora, ma vorrei poterla ripetere in un modo più ottimistico.
Io accetto la… ho sempre accettato il….più che il rischio, la… condizione, quali sono le conseguenze del lavoro che faccio, del luogo dove lo faccio e, vorrei dire, anche di come lo faccio. Lo accetto perché ho scelto, ad un certo punto della mia vita, di farlo e potrei dire che sapevo fin dall’inizio che dovevo correre questi pericoli.
Il… la sensazione di essere un sopravvissuto e di trovarmi in, come viene ritenuto, in….in estremo pericolo, è una sensazione che non si disgiunge dal fatto che io credo ancora profondamente nel lavoro che faccio, so che è necessario che lo faccia, so che è necessario che lo facciano tanti altri assieme a me.
E so anche che tutti noi abbiamo il dovere morale di continuarlo a fare senza lasciarci condizionare e… dalla sensazione che o financo, vorrei dire, dalla certezza che tutto questo può costarci caro.
Lamberto Sposini intervista Paolo Borsellino – versione ridotta
Lamberto Sposini intervista Paolo Borsellino – versione integrale